"E' là che sono nato e là che son diventato uomo.
Là è la casa di mio nonno, dove io ho vissuto bambino, la casa di mio padre, e la mia gente: case e tombe.
Ma ciò che conta di più è che io, anche ora, se vado là, io mi sento forte, intelligente, anzi onnisciente.
Se immergo la mano nell'acqua della Spendula, o del Rio Mannu, so di che cosa è fatta quell'acqua.
Se raccolgo un sasso di Giarrana ho di quel sasso una conoscenza che arriva fino alla molecola, fino all'atomo.
E' là che ho letto la prima volta Leibnitz e Spinoza senza bisogno di traduzioni o di note.
Là mi sono sentito solo al centro dell'Universo come un astronauta.
E perciò sono geloso della mia terra, della mia Isola."
Giuseppe Dessì 1961
Territorio Villacidrese
Villacidro, cittadina del Sud-Ovest della Sardegna, dista 50 km da Cagliari si trova inserita tra la pianura del Campidano e il complesso montuoso del Linas. Posta ad un altitudine di 214,88 metri sul livello del mare, si estende territorialmente per una superficie di 183,55 Kmq: questa sua posizione suggestiva e singolare gli permette di dominare dall’alto tutta la pianura del Campidano. Il suo territorio, uno dei più caratteristici della Sardegna, riveste un grande interesse dal punto di vista geologico, naturalistico, storico e archeologico.
Le cime presenti superano in diversi casi 1000 metri; la montagna più alta è punta Acqua Zinnigas con 1.136 metri mentre la zona che ha l’altitudine minima nel comprensorio comunale è Giana con 53 metri sopra il livello del mare.
Villacidro è posto ai piedi del gruppo montuoso del Linas; più precisamente si sviluppo nel canale posto tra i monti Cuccureddu e il Monte Omo. Andando analizzare il territorio dal punto di vista floristico, possiamo notare come la vegetazione principale sia quella della macchia mediterranea; sono presenti infatti il cisto, il lentischio, l’olivastro, il corbezzolo, l’oleandro e la fillirea. Accanto a questo tipo di vegetazione spontanea possiamo trovare un tipo di coltivazione di tipo intensivo caratterizzato soprattutto da agrumi, pesche, mandorle, olive e la vite. Spostandoci poco più in alto, nei primi pendii, intorno ai 400 metri, la macchia lascia il posto ai grandi boschi di lecci e di sughere accompagnati da un fitto sottobosco di erica, ginepro, rovo e arbusti. Le già sopra citate montagne che ospitano Villacidro sono caratterizzate dalla presenza di una bellissima pineta che occupa circa 700 ettari e che venne messa a dimora più di un secolo fa. Infatti l’opera indiscriminata di disboscamento iniziata alla fine XIX da alcune società continentali aveva distrutto gran parte del patrimonio boschivo villacidrese per fornire di ingenti quantità di ottimo carbone le numerose fonderie presenti. Man mano che si sale di quota e si superano gli 800 metri, i boschi di lecci si diradano lasciando il posto ad una vegetazione tipica di queste altitudini caratterizzata da vasti prati di timo, di lavanda e di elicriso, nei luoghi in cui il sole batte con meno intensità si può trovare una flora costituita da agrifogli, pioppi , ontani e noci.
Origine e cenni storici
Scoprire il volto di un paese senza identità è un compito assai arduo.
Mancando infatti di Villacidro notizie storiche non possiamo che far affidamento sulle scoperte archeologiche fattesi in alcune località del luogo, e trarre giovamento da esse.
Partendo dal periodo Nuragico (1600- 850 a.C.) possiamo notare come le frequentazioni siano abbastanza numerose. Nel Bronzo Tardo (1000-850 a.C.) , assistiamo ad un incremento di insediamenti che ha portato all’ occupazione dell’territorio Villacidrese con presenze abitative lungo il rio Leni e sulle alture. Degni di nota sono i nuraghi complessi di Nuraxi , Cuccuru Muntoni e Narti, di cui purtroppo rimangono solo i ruderi. Molto importanti sono i tre templi a pozzo e un villaggio nuragico di capanne circolari rinvenuti nella zona di Mazzanni che ricade nel comune di Vallermosa e che erroneamente per molti anni sono stati attribuiti al comprensorio villacidrese. Altre attestazioni nuragiche presenti nel territorio sono i nuraghi di Margiani Orru, di Cuccuru de Crabas, di Cuccuru Eremilis, di Genna Uraxi , di Nuraxeddu, e il villaggio di Cottega.
Per quanto riguarda il periodo fenicio punico sono poche le notizie. Possiamo solo ipotizzare che Villacidro come tante altre zone dell’isola venne a contatto con questi nuovi popoli instaurando dei rapporti commerciali.
Molto più numerose invece sono le testimonianze relative al periodo Romano (238 a.C. / 456 d.C. tanto che sempre in questo periodo possiamo pensare che si sia sviluppato il piccolo borgo di Xedri de Leni, la futura Villacidro, ma che ha avuto una maggiore importanza quando la Sardegna passò sotto il dominio spagnolo.
Il Canonico G. Paolo Nurra ispirandosi ad Erodoto e Plinio il Vecchio, vuol far derivare il nome di Villacidro da quello della dea Frigia Berecjntia cantata per la sua prosperità, madre degli dei e degli uomini, dominatrice sul mondo vegetale, perciò simbolo della fecondità della Terra. Lo Spano invece non condividerà questa teoria sul nome, ma farà derivare il termine di Villacidro dalla voce orientale “Chetor” che significa sito fresco, umido e ricco di sorgenti. Probabilmente questa teoria è una delle più attendibili, in primo luogo perché il paese è indubbiamente ricco d’acqua, avendo un torrente che lo attraversa in pieno centro e diverse falde acquifere presenti in vari rioni; il termine orientale è poi giustificato dalla dominazione Bizantina nell’isola, che ha lasciato in eredità numerosi toponimi legati alla lingua greca.
Altre possibili teorie sul nome di Villacidro ipotizzano che anticamente veniva chiamato “Kyrte”, città numida che diede i natali alla patrona S. Barbara. Un'altra teoria proposta da studiosi locali sostiene che Villacidro sia da ricondurre al nome di Villa Citra ovvero città che sta da questa parte e in questo caso il riferimento ricadrebbe sull’antica Villa di Leni, insediamento che come già ricordato si sviluppò in prossimità del fiume omonimo. Durante il medioevo, il borgo sarà menzionato in vari documenti con diversi nomi: Cirda, Cidro, Sirda, Tyrdag, Citri, Cidra, Sidro, Biddexirdu, Bidda de su Cidru, Yrdag. Nel 1620, su un’incisione a colori del cartografo Magini, Villacidro è indicato con il nome di “Villa Tyrda”.
Con la caduta dell’impero romano, la Sardegna divenne il bersaglio dei barbari, che non si curarono di salvare neppure ciò che poteva apparire di buono ai loro occhi. Tutte e opere romane furono distrutte, i villaggi rasi al suolo, Villacidro seguì il medesimo destino. Né tanto diversa dovette dimostrarsi l’egemonia saracena, se gli abitanti dell’isola si allontanarono dalle coste e si rifugiarono nelle montagne dell’entroterra dove maggiore poteva essere la sicurezza. Anche gli abitanti di Villacidro dovettero abbandonare le loro semplici abitazioni e rifugiarsi nelle montagne vicine , nell’attesa che l’azione devastatrice dei Saraceni terminasse e loro potessero rientrare nelle loro terre per ricominciare la lenta opera di ricostruzione.
Orografia
Analizzando la carta geologica in cui ricade il territorio di Villacidro risulta evidente una netta suddivisione tra l’assetto montano e quello pianeggiante ; entrambe hanno un’ estensione pressoché simile.
La catena nel Linas non solo è la terra più antica di tutta la Sardegna, ma anche dell’intera Europa. Infatti la storia geologica di questa regione ha inizio nel periodo Cambiano dell’era Paleozoica. All’inizio di questo periodo circa seicento milioni di anni fa un mare poco profondo occupava la zona tra Europa sud occidentale e Africa. Qui si depositava tutto il materiale derivante dall’erosione del paleo continente europeo. Successivamente una grandissima quantità di lava, risultato delle forze endogene della terra, si riversò nel fondo marino, mescolandosi ai sedimenti.
Nei successivi periodi nacquero i giacimenti ordoviciani, silurici, e del periodo Devonico e i risultati si possono ammirare ancora oggi camminando tra le punte di Punta Perda de sa Mesa e tra le altre cime. Il suo ambiente suscita grandissimo interesse per la storia, il paesaggio, l’ambiente della fauna e della flora.
I monti sono in prevalenza di scisti e graniti erosi dal tempo e dagli agenti atmosferici. Essi, pur raggiungendo un’altezza considerevole per la Sardegna, appaiono arrotondati, con i profili poco ripidi, dolci, di facile accesso. L’orografia è tormentata e irregolare: alle cime spianate e al contorno sinuoso delle alture, si contrappongono impervie gole, precipizi, baratri, strapiombi, dirupi, luoghi scoscesi e inaccessibili. Dai monti il panorama è notevolissimo, con lo sguardo si visita buona parte della Sardegna meridionale e centrale: il Campidano, con il favore di giornate limpide la sagoma della Sella del Diavolo, il mare da S. Antioco fin sopra Oristano, il Serpeddì, la Giara, il maestoso Gennargentu, il monte Arci, l’Arcuentu.
Molte vette del massiccio sono al di sopra dei 1000 m s.l.m., le più alte superano i 1200 ms.l.m. : Punta Magusu o P. Cucuerris (1023 m s.l.m), Cùccuru Magusu (969 m s.l.m), Maguseddu (895 m .l.m), Acqua Piccinna (1010 m s.l.m.), Punta Acqua Zinnigas (1136 m s.l.m.), Punta Cammedda (1214 m s.l.m.), Punta Cabixettas (1202 m s.l.m.), Perda Sa Mesa (1236 m s/l/m); più a est le cime del S. Miali (Su Cùcuru de sa Mundadura 1047 m s.l.m., Su Cùccuru de sa Cresia 1057 m s.l.m., Sa Pinneta de Mesu o Su Cùccuru de Mesu 1062 m s.l.m., Sa Pinneta de Tuvarutas o Su Cùccuru de Tuvarutas (1047 m s.l.m.) Sa Punta de Genn’ ‘e Àrcuis ( 1033 m s.l.m.), Punta Genn' 'e Figus, Cuccuru Frissa(924ms.l.m.); più a sud Cuccurdoni Mannu (911 m s.l.m.), Cuccuruneddu, (708 m s.l.m.), Anzeddu (903 m s.l.m.), Punta Muru Mannu (942 m s.l.m.), Monte Lisone (1082 m s/l/m).
Idrografia
Villacidro tradizionalmente viene ricordato per la freschezza e la purezza delle sue acque; dalle pendici dei suoi monti sgorgano molte sorgenti, quasi tutte perenni, mentre i numerosissimi torrenti sono quasi tutti stagionali; in estate quasi dappertutto l’acqua si ritira in qualche pozza e permette la fioritura lungo l’alveo di una variegata vegetazione, della profumata menta selvatica e dei bellissimi oleandri variamente colorati. Il regime delle acque è stagionale, anzi è strettamente legato alle piogge, che quando sono abbondanti, condizionano la struttura delle vallate sottostanti: grandi masse d’acqua fanno precipitare verso il basso enormi massi di granito, strappandoli alle montagne e svolgendo un’ azione erosiva non indifferente. Il corso d’acqua più grande è il rio Leni. Anch’esso risente della stagionalità delle piogge, ma ha una portata considerevole; lungo il suo corso genera le 3 cascate del Linas, di Muru Mannu e di Piscina Irgas; sostiene da sempre la ricca economia agricola della sua vallata, permettendo la coltivazione di orti; ha alimentato la laveria mineraria di Canale Serci, una fonderia divenuta poi una fabbrica di utensili in rame. Il Leni nasce dal massiccio del Linas e lì prende il nome dallo stesso monte che lo genera, rio Linas; una volta che le sue acque si mescolano con quelle del rio Muru Mannu e rio Figus viene chiamato rio Cannisoni; infine, ingrossato dal rio Oridda diventa rio Leni. Alla vallata del rio Leni si contrappone quella che raccoglie le acque del rio Villascema-Gutturu Derettu. Altri corsi d’acqua minori del settore montano sono: il rio Coxinas e il rio Castangias, i quali formano le omonime valli, il rio Aletzia e il rio Narti. All’interno del centro abitato scorre il torrente denominato rio Fluminera, che nasce nel monte Coxinas e sfocia nel rio Leni.